The Endless River - Le Nostre Impressioni
Dopo un'attesa di vent'anni finalmente abbiamo potuto celebrare il nuovo disco dei Pink Floyd, anche se proprio “nuovo” non è. Sappiamo tutti da dove provengono i brani di questo lavoro e i commenti che si sono letti, visti e sentiti in questi mesi di attesa mi hanno proprio dato da pensare. La musica è stata giudicata ancora prima di essere ascoltata, oggi ci sono troppi tuttologi in giro, per evitarli basta accendere l'impianto stereo e immergersi nel mondo floydiano. Dopo diversi ascolti più o meno attenti del cd e del vinile non mi sento ancora di dare un giudizio definitivo, e credo che mai lo avrò, ci sono in ballo troppe sensazioni per limitarsi semplicemente a dire “bello” o “brutto”. Il passato glorioso di questo gruppo ha segnato la mia vita come quella di migliaia di persone nel mondo, le loro melodie scorrono nel sangue essendo una parte importante della nostra vita, sono entrate spontaneamente con delicatezza nel nostro io e si sono radicate in maniera profonda, proprio per questo non riesco a dare un giudizio obbiettivo e imparziale. Le emozioni al primo ascolto si sono confuse con la commozione e la malinconia, questi sono i Pink Floyd degli anni 2000, l'ultima perla della loro cinquantennale carriera, ci hanno regalato ancora una volta le loro atmosfere eteree e suggestive che mancavano da un po' di anni, hanno rispolverato la vecchia maniera di fare musica per il puro piacere di suonare, senza compromessi con case discografiche e senza l'oppressività che ha caratterizzato gli ultimi lavori con Waters. E' molto piacevole risentire la voce di David su Louder Than Words, il potente riff delle 2 parti di Allons-y e la nostalgica melodia di Anisina, qua e la si odono suoni di psichedelica memoria e la chitarra gilmouriana lascia ancora solchi profondi, così come i tappeti sonori del compianto Wright e le ritmiche incisive di Mason, forse con il tempo anche questi brani diventeranno dei classici come i loro predecessori. Per ora proseguo con gli ascolti e lascio le parole inutili a chi non ha voglia di musica. Renzo Drebertelli Dopo una snervante attesa il fatidico sette novembre era arrivato portando con se l’ultima pubblicazione firmata Pink Floyd. Parecchie sono state le critiche fatte da vari personaggi che, ascoltando solo alcuni secondi di alcune tracce messe su internet per pubblicizzare la pubblicazione del Cd, proferivano giudizi. La cosa che mi ha molto colpito è quella che l’Italia è una Nazione di critici musicali, oltre che di commissari tecnici. Accetto questa folta schiera di luminari più o meno famosi e li lascio tranquillamente a straparlare e sprecare fiato, evidentemente posseggono dei super poteri che io umile mortale non ne sono fornito. Prima di mettermi all’ascolto del supporto debbo ben tenere in considerazione alcuni, ma importanti, dettagli. Il primo dei quali è quello che non è un nuovo lavoro della band, le registrazioni risalgono al periodo 1993/94; che è completamente strumentale, novità assoluta per il gruppo; e che a detta di Gilmour e Mason, oltre ad essere dedicato a Wright, contiene il suo canto del cigno, elemento da non sottovalutare per un vecchio fan troppo sentimentale come sono io. Tenendo conto di tutti questi rilevanti fattori, si può benissimo passare alla sospirata fase dell’ascolto.Non vi posso nascondere l’emozione e l’agitazione quando mi sono trovato tra le mani la confezione l’ho scartata velocemente, ho introdotto il cd nel lettore e ho pigiato il tasto “play”. Era tantissima la curiosità che invadeva la mia persona e non mi ha permesso di apprezzare immediatamente e completamente l’intero disco. I suoni che fuori uscivano dalle casse dell’impianto Hi-Fi erano molto strani e particolari ed alcuni di essi contenevano anche una elevata potenza musicale. Tutto questo ha fatto si che non valutassi e gustassi completamente il disco. Terminato il frenetico ascolto il mio primo commento è stato: ”Strano, ma bello… Bello, ma stano”. Come ho sempre sostenuto un lavoro dei Pink Floyd non è mai stato per nulla immediato, bisogna sentirlo svariate volte per poter apprezzare la sua bellezza, e di fatti così ho fatto. Dopo molteplici ascolti ora mi posso quasi permettere di poterlo giudicare. E’ un buon lavoro, malinconico e gioioso nello stesso tempo, è un viaggio musicale senza fine che penetra dentro l’animo e lo riscalda con i suoi meravigliosi suoni. Grandi sonorità e raffinatezze musicali di Wright che creato con i suoi suoni i famosi tappeti di tastiera, una magia e una dolcezza che solo lui sapeva donare ai brani. Qualche lacrima è fuori uscita ascoltando il disco, sapendo che in esso sono racchiuse le ultime registrazioni che ha fatto con i Pink Floyd. Certe volte ho avuto una strana sensazione, di sentirmi più solo e che Wright sia stato consegnato in pompa magna da Gilmour e Mason tra le braccia dell’immortalità sonora. Insomma, tutto il disco mi ha parecchio colpito. Tra i solchi troviamo tante risonanze a noi care e famose, partendo da “Atom Hearth”, per andare a “Dark Side” passando da “Wish You” e per terminare con “The Wall”. E se permettete, alcune di esse provengono dagli albori della band e precisamente da “A Saucerful”. Voglio azzardare questa affermazione: “E’ il disco della psychedelia del nuovo millennio”, lo so che non condividete quello che ho appena detto e magari sarò mandato al rogo perché blasfemo… non accendete ora la pira di legna, grazie!!In conclusione mi ritengo moltissimo soddisfatto di questo disco, anche se notevolmente differente dai classici canoni floydiani a cui ero abituato, forse questa differenza lo rende unico e… bello!I brani che mi hanno particolarmente colpito sono: “Anisina”, entrambi le versioni, “Autumn ‘68”, “Talkin’ Hawkin’ ” e per ultimo l’unico brano cantato dell’intero album “Louder Than Words”, che a me piace pensarlo come una specie di “Shine On” dedicata a Wright.Come tutti i dischi della band, anche in questo non potevano mancare dei piccoli particolari grafici o musicali che donano un po’ di mistero al loro lavoro. Non sto a parlare della mappa delle antiche Marche riportata nel booklet, nemmeno della impercettibile voce che al minuto 6.05 del brano “Louder Than Words” dice: “Go To Heaven, Wright”. Ma voglio soffermarmi sulla grafica della cover la quale mi ha fatto particolarmente riflettere. Sulla parte anteriore è raffigurato un uomo che rema, probabilmente un altro riferimento a Wright, tenendo tra le mani un solo remo. Nella parte posteriore della copertina è visibile una imbarcazione vuota con due remi. Questa immagine mi ha fatto un po’ meditare e ho dedotto questa conclusione: ora l’uomo che remando nella vita è andato via di lui restano solo i ricordi (la barca), e ha abbandonato i suoi due amici (i due remi) che si possono associare a Gilmour e Mason. Luciano Cassulo Eh, si, abbiamo dovuto aspettare 20 anni per avere finalmente qualcosa di inedito dei Pink Floyd, per poi scoprire che inediti non sono. Infatti quello che mi sono trovato davanti dopo ben 20 anni, sono appunto gli scarti di "The Division Bell", sapientemente rimasterizzati ed impachettati in ben 4 edizioni (CD, CD+DVD, CD+BulRay, Doppio vinile) piú che per la gioia dei fan, per la gioia della casa discografica che ha trovato il modo di piluccare soldi dai fan accaniti. Una band di prog moderno, giá all'epoca di The Division Bell, avrebbe messo questi brani in una "de-luxe edition" come "bonus disc", magari facendola pagare poche lire in piú (lire e non euro, trattandosi del 1994). Oppure, visto che ormai si era perso il treno, poteva essere messa come omaggio nel box del XX anniversario di TDB uscito pochi mesi prima.E invece no, bisogna spennare i polli senza ritegno, sapendo per principio che il nome "Pink Floyd" fa soldi solo perche si chiamano cosi'. E che figura ci facciamo con le nuove leve, quelli che i Pink Floyd li hanno solo sentiti nominare, che entrano per la prima volta in un negozio di dischi e si comprano "l'ultimo disco dei Pink Floyd". Di solito "l'ultimo disco" dovrebbe essere una cosa epocale, una chiusura "alla grande", ed invece ci lasciano con una accozzaglia di suoni che non hanno ne capo ne' coda. Infatti l'ultima canzone ed unica cantata, sembra sia stata messa li' apposta, giusto per avere un singolo da estrarre o qualcosa da passare alla radio. Sia ben inteso, si parla di scarti di alto livello, di sicuro c'e molta piu "tecnica" in questi scarti che in robaccia prodotta recentemente, ma e' il modo con cui ci sono stati propinati che non quadra. In definitiva, "just for fans". Lucilio Batini Un successo di vendite, un successo di critiche positive, negative e insensate. Insensato è giudicare un album in base alla durata totale o a quella dei brani, solo perchè oggi i CD superano i sessanta minuti. Non mi pare neanche logico criticare i testi degli ultimi album dei Pink Floyd (come successo per Momentary Lapse e Division Bell) e poi lamentarsi della loro assenza. The Endless River al primo ascolto lascia perplessi, ci sono diverse melodie che richiamano brani e album del passato Floydiano, da Saucerful Of Secrets a The Wall passando per tappeti sonori degni di Wish You Were Here e fraseggi di Dark Side. Diciotto brani divisi in quattro parti, o quattro "side" come scritto anche sul CD, quasi a rimarcare una certa nostalgia del vinile, ma questa suddivisione mi ricorda anche Brocken China; considero queste quattro parti, delle suite con brani che si incastrano alla perfezione. Mi ha fatto piacere vedere il ritorno di Mason tra i crediti, Gilmour immerso tra chitarre ed effetti di ogni tipo e Wright ancora una volta fondamentale nei suoi tocchi magici. Quello che non mi piace molto è la copertina, un bel significato ma l'immagine lascia molto desiderare. Chissà forse tra dieci o vent'anni chi oggi lo deprezza lo riprenderà in considerazione come successo per il suo predecessore. Più che il canto del cigno di Richard Wright, The Endless River mi sembra il saluto finale dei Pink Floyd, l'ultimo segno di vita di una delle più grandi band di tutti i tempi, per me e per molti altri, semplicemente la migliore. Fabrizio Taricco Ho accolto questo ultimo album dei Pink Floyd come un tributo a Rick Wright e sono giá soddisfatta totalmente solo per questo motivo. Mi era sembrato uno strano ritorno ed ascoltando e leggendo le loro dichiarazioni, sia quelle di Mason e Gilmour, sia quelle dei loro collaboratori, "The Endless River" sembra stato fatto e pubblicato veramente in buona fede. Dunque il mio dilemma era questo: da un lato avrei preferito che avessero pubblicato nel costosissimo box di "The Division Bell" questo benedetto vecchio materiale, da un altro lato, se cosí fosse accaduto, di sicuro in pochissimi avrebbero potuto togliersi lo sfizio di avere a casa queste musiche inedite. Considerando tutto questo, ascoltandolo e guardando il DVD oltre a momenti emozionanti indiscutibili non nascondo i miei momenti di non entusiasmo. Per fortuna un gruppo come i Pink Floyd ha avuto, almeno per me, i suoi suoni piú geniali all'inizio con Barrett e poi con Waters, ma adesso lo spirito é diverso. Oltre la bella sorpresa di "Autumn 68", il pezzo che mi ha affascinato piú di tutti é stato, é lo é ancora, "Skins"! In questo brano giocano un grande ruolo le percussioni, gong incluso, ma sono certa che anche Youth ed Andy Jackson abbiamo dato un tocco di freschezza e non di secondo piano alla struttura definitiva di "Skins". Tra i tanti collaboratori a "The Endless River", mi ha fatto particolarmente piacere ritrovare la nostra bravissima corista Durga McBroom-Hudson. Penso di essere una tra le poche persone non soddisfatta dell'immagine della copertina, non proprio in quanto per me é un déjà-vu, ma soprattutto perché mi fa subito pensare alla pesante mancanza delle grandi idee di Storm Thorgerson. Decisamente perfetto tutto il resto dal punto di vista grafico e fotografico, bellissime le immagini con Wright ma anche quelle attuali. Per la gioia di tutti i fans italiani, tra le foto dell'album, si vede una piccola parte dell'Italia, le Marche, e ancora stranamente riesco a vedere con mia grande soddisfazione la scritta "Naples" ovvero una cartina storica in lingua francese dell'epoca del Regno di Napoli , per chi mi conosce sono particolari dettagli che non passano inosservati ai miei occhi! Ah, non ho ancora ascoltato il vinile, ma non credo sia poi cosí importante, spero di riuscirci una di queste serate... Sará veramente il definitivo "The Final Cut" dei Pink Floyd? Giulia Di Nardo-Spies Alcuni amici ci hanno inviato i loro commenti inerenti al nuovo lavoro dei Pink Floyd. Ecco i loro pensieri: Dopo aver ascoltato “The Endless River” sono rimasto un po’ frastornato da tutti questi suoni… sicuramente bello e non è il “The Division Bell” di “serie B”, come ha detto qualcuno… A me piace… lo vedo molto come una colonna sonora, forse un pochino noioso, ma del resto ce lo aspettavamo, considerato anche che non è cantato…comunque lo stato d’animo che mi ha trasmesso è di felicità e tristezza nello stesso tempo… a volte mi pare di tornare a “A Saurceful”… è bellissimo. Mirco Colombo Io lo adoro… è un viaggio meraviglioso nel mondo floydiano che occupa uno spazio temporale di 40 anni con sonorità attuali mescolate a quelle del passato… come gli altri album, anche “TER”, avrà il suo posto nel firmamento stellare che questi cinque signori hanno contribuito a far nascere durante la loro vita e accompagnato la nostra. Lara Floyd |